Personaggio: Xan
Genere: Introspettivo, Malinconico, Missing Moments
Rating: verde tendente al giallo
Avvertenze: mi rendo conto che potrebbe sembrare delirante, ma e' nata da un'ispirazione partorita nel dormiveglia e dopo aver giocato la parte di Spellhold a BG2 XD
Per quanto riguarda i Greycloak di Evereska, il gruppo a cui appartiene Xan, ho utilizzato la traduzione italiana "Mantogrigio" che viene adottata nella versione italiana di BG1 Enhanced Edition. Ho cercato notizie su di loro tra le varie wiki, ma non c'era moltissimo, quindi potrei inavvertitamente aver scritto qualcosa che va contro il lore canonico dei Forgotten Realms, nel qual caso spero che mi perdonerete :)
Ah, inutile dire che anche questa e' lunghissima!
La città dalle torri bianche
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Il giovane elfo fa un respiro profondo, si impone di calmare i battiti impazziti del cuore. È la sua prima visita ufficiale in qualità di Mantogrigio appena nominato, non può far sfigurare il maestro e i suoi superiori mettendosi a tremare come un bambino davanti a degli stranieri.
“Nulla di cui preoccuparsi” il direttore di Spellhold liquida la faccenda con un gesto svogliato della mano, senza neanche voltarsi verso i suoi ospiti. “Ogni tanto capita che i test inneschino reazioni eccessive nei soggetti.”
Il giro prosegue come se niente fosse. L'ennesima stanza di contenimento, l'ennesimo soggetto che il direttore mostra agli emissari di Evereska con il suo sorrisetto compiaciuto, illustrando gli esperimenti compiuti e i risultati delle ricerche.
Le sue parole diventano ben presto brusio di sottofondo alle orecchie di Xan. Gli occhi dell'elfo sono catturati da quelli scuri come abissi senza fondo del “soggetto H”. Le catene che assicurano il ragazzo umano alla parete - “per la sua sicurezza”, dichiara il direttore - sono grottescamente grandi per i suoi arti esili, e tintinnano lievemente quando il giovane solleva la testa, fissandolo stralunato attraverso due pupille nere dilatate in modo innaturale. Probabilmente l'effetto di qualche sostanza sedativa, pensa Xan, e ancora una volta deve lottare per reprimere un brivido.
“Conosci la città dalle torri bianche?” chiede il ragazzo all'improvviso. La sua voce è sottile come un alito di vento, ma il tono implorante non sfugge alle orecchie elfiche di Xan. “Ho perso il mio cuore... nella città dalle torri bianche. Ma non posso tornare a prenderlo. Non posso tornare... tu puoi andarci per me?”
Il ragazzo si protende in avanti per quanto le catene gli consentono, con il tono e lo sguardo di un assetato a cui per troppe volte è stato negato il conforto dell'acqua. Xan si ritrae d'istinto, come se quell'umano minuto e incatenato possa saltargli alla gola da un momento all'altro. Parole inutili e confuse gli si affollano sulle labbra, ma nessun suono gli esce di bocca.
Il direttore mette a tacere il soggetto ribelle con un dardo incantato scagliato con stizza.
Le urla del ragazzo inseguono il gruppo che si allontana per i corridoi di pietra, e anche dopo essersi spente continuano a risuonare a lungo nella testa di Xan.
L'elfo esita di fronte alla porta chiusa della cella. La mano tremante si avvicina alla serratura, i polpastrelli sfiorano l'intarsio del lucchetto e formicolano al contatto della trama di incantesimi che lo protegge.
Potrebbe disfarla facilmente, se lo volesse. È giovane per i canoni degli elfi, ma a Evereska gli hanno insegnato bene, e lui è sempre stato uno studente modello. Ha dedicato anima e corpo alle arti arcane per guadagnarsi l'onore del ruolo di Mantogrigio.
Un onore che ha ottenuto a prezzo di grandi sacrifici, e che potrebbe mettere a repentaglio seguendo l'idea folle che si è impossessata di lui quella notte. Ogni singola fibra di razionalità che possiede gli urla di andare via, di voltare le spalle alla porta e tornare di filato nella stanza degli ospiti che gli è stata assegnata.
Eppure Xan esita.
Le parole del maestro lo tormentano come ferri roventi piantati nel petto. “Gli Stregoni Incappucciati di Amn sono nostri alleati, ragazzo” gli aveva detto quella sera mentre osservavano il sole inabissarsi come una sfera di fuoco nel mare che circonda Spellhold. “Siamo qui per rinsaldare i nostri rapporti con loro e per uno scambio di conoscenze, non per causare una rivolta.”
Xan non si era arreso. “Ma il modo in cui trattano i prigionieri... come tutori della legge non possiamo tollerare... “
“Tutori della legge. Appunto.” la voce secca del maestro era calata come una mannaia sulle sue proteste. “Gli Stregoni Incappucciati rappresentano la legge qui in Amn. Noi Mantogrigio custodiamo l'equilibrio, e se pensi che valga la pena compromettere l'equilibrio per la vita di un pugno di maghi pazzi allora forse significa che non sei ancora pronto per indossare quel mantello.”
Il ricordo lo riempie di rabbia, e lo spinge a proseguire mettendo a tacere gli avvertimenti della ragione.
Bastano pochi esperti movimenti delle dita, un paio di parole sussurrate a fior di labbra, e il lucchetto cede senza neanche un rumore. Evoca sul palmo della mano una sfera luminosa e si insinua nel buio della cella, silenzioso come un'ombra.
Il prigioniero solleva la testa e strizza gli occhi di fronte alla luce. Xan gli fa cenno con un dito davanti alle labbra di restare in silenzio e procede a rimuovere gli incantesimi sulle catene.
“Ti aiuterò a uscire di qui” gli sussurra una volta finito. “Ti nasconderai nella stiva della nostra nave, e poi... e poi potrai tornare alla tua amata città dalle torri bianche, se lo vorrai.”
“Non posso.”
Neanche la sfera di luce magica riesce a illuminare i pozzi di oscurità che sono gli occhi del ragazzo. La voce che pronuncia quelle due semplici parole è colma di una tristezza infinita.
“Perché?”
“Il mio esilio è qui” lentamente il ragazzo si porta il palmo della mano al petto, in corrispondenza del cuore. “Come posso tornare, se il mio esilio è qui dentro?”
Nei lunghi attimi di silenzio che seguono il ragazzo non accenna a muoversi. Rimane in piedi con la mano poggiata sul petto, gli occhi spenti fissi in quelli di Xan.
Ogni tentativo di convincerlo a venire con lui cade nel vuoto. La follia è un nemico contro cui tutti i suoi anni di studi arcani non possono nulla.
“Ho capito” mormora infine. “La tua città non esiste, vero?”
Il ragazzo non risponde. Solo alla fine, mentre Xan si richiude la porta alle spalle sconfitto, lo sente implorare attraverso l'ultimo spiraglio:
“Devi andarci tu. Io non posso tornare, per questo devi farlo tu per me.”
I suoi passi tormentati lo riportano alla terrazza ora inondata dai raggi della luna. Si abbandona con la schiena contro il muro di pietra, chiude gli occhi e lascia che la carezza del vento si porti via le lacrime che gli rigano le guance.
La mano corre istintivamente al petto, verso il cuore che sembra diventato un macigno doloroso dentro la gabbia toracica, e si accorge di capire meglio di quanto pensasse le parole intrise di follia del prigioniero umano.
Anche lui ha smarrito la sua città dalle torri bianche, e per la prima volta nella sua vita si sente in esilio.
In esilio dal mondo.